AVELLINO. CLAN CAVA : EMESSE 7 ORDINANZE DI CUSTODIA CAUTELARE AD ALTRETTANTI AFFILIATI
Posted by irpinianelmondo su gennaio 22, 2009
22.01.2009 Sette ordinanze di custodia cautelare sono state notificate in carcere ad altrettanti affiliati al clan camorristico Cava attivo nell’Avellinese. Le accuse formulate dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli vanno dall’associazione per delinquere di tipo camorristico, all’usura, alle estorsioni, alla detenzione e porto illegale di armi e materiale esplodente.
Le indagini, condotte con l’ausilio degli agenti della Squadra Mobile di Avellino, sono state avviate all’inizio del 2008 e hanno accertato che, nel periodo compreso tra febbraio e settembre 2008, erano state imposte a imprenditori edili una serie di tangenti. Secondo le accuse, il gruppo criminale diretto da Bernardo Cava (promotore dell’organizzazione) e da Santolo Fabi (che aveva un ruolo organizzativo e direttivo), avvalendosi della capacità intimidatoria del clan Cava, aveva avviato una “capillare e articolata attività estorsiva” sul territorio.
Il coordinatore della Dda Franco Roberti sottolinea in una nota come ci fosse una “costante ricerca” di cantieri edili da parte degli indagati. Una tecnica ben collaudata che portava, giorno per giorno, a scovare nuovi cantieri edili, relative informazioni sulle ditte committenti e l’importo dei lavori. Una verifica che veniva effettuata in tutti i comuni del Vallo di Lauro e nei paesi vicini (Quindici, Pago di Vallo di Lauro, San Paolo Belsito, Palma Campania, Casamarciano, Monteforte Irpino, Taurano, Maschiano, Manocalzati, Atripalda, Mugnano del Cardinale) in cui è attivo il clan. Virgilio
Grazie a un controllo minuzioso del territorio, gli indagati individuavano i cantieri dove erano in corso lavori pubblici e privati di una certa rilevanza economica e, dopo aver compiuto un primo sopralluogo per individuare il nome della ditta appaltatrice, la sede di provenienza, i dati del responsabile e i recapiti telefonici, si passava alla fase successiva. Il responsabile veniva contattato da parte degli affiliati e ‘condotto’ in un luogo prestabilito, ritenuto sicuro ossia un locale pubblico o un’abitazione vicina a esponenti del clan, per formulargli la richiesta di estorsione.
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