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UNIVERSITA’. SENATO ACCADEMICO DI TORINO COSTRETTO A TAGLIARE PROF. 70ENNI: “CADONO” DOCENTI ILLUSTRI

Posted by irpinianelmondo su febbraio 24, 2009

24.02.2009– La Stampa -Due soli voti contrari, nessun astenuto. Il Senato accademico dell’Università ha deciso: via i docenti di 70 anni. E nessuno sconto: le eccezioni – garantisce il rettore Ezio Pelizzetti – «saranno poche e solidamente motivate». In via Po hanno già previsto i numeri dell’esodo. Cifre pesanti: 250 docenti a casa tra novembre 2009 e novembre 2011, fra pensionamenti “naturali”, prepensionamenti e abbandoni (solo nei primi due mesi dell’anno ce ne sono stati sette del tutto imprevisti). Quest’anno saranno 89, l’anno prossimo 79.

 Così l’ateneo conta di risparmiare, in tutto, circa 30 milioni di euro. Ecco la vera ragione della decisione di ieri. All’Università, per effetto dei tagli al finanziamento ordinario, prevedono una riduzione degli introiti di 23 milioni di euro nel 2010 e 4 nel 2011. Il verbo «tagliare» è già stato declinato in tutti i modi possibili; questo è l’ultimo. «Diversamente non credo che avremmo deciso così», confessa la preside di Scienza della Formazione Anna Maria Poggi, «perché ci prepariamo a perdere competenze importanti».

I nomi «di peso» che circolano sono parecchi, dal sociologo Arnaldo Bagnasco agli economisti Giovanni Zanetti e Franco Reviglio, dalla latinista Giovanna Garbarino all’esercito dei primari di Medicina: Valerio Gai, direttore del Dipartimento di emergenza e accettazione delle Molinette, e poi Roberto Mutani, Antonio Robecchi, Antonio Mussa, Alessandro Tizzani e Dario Fontana. Difficile immaginare salvacondotti.

 Il Senato è stato chiaro: «Solo in casi eccezionali e dopo un’attenta valutazione». Pelizzetti ribadisce: «La direzione è questa, la possibilità di concedere la proroga esiste sulla carta ma verrà attuata con il contagocce», solo per chi dietro di sé lascerebbe il vuoto (si parla di Valerio Gai).

Nelle scorse settimane in ateneo è circolata una petizione perché il Senato escludesse esplicitamente dai «salvabili» i docenti che ricoprono incarichi istituzionali: presidi e direttori di dipartimento. Indicazione non raccolta, ma (è il ritornello di via Po) la selezione sarà spietata.

Le facoltà sono alle prese con l’ennesima tegola, dopo l’annuncio di robusti tagli ai fondi. «Dovremo privarci di 13 docenti su 93», spiega a Lettere Lorenzo Massobrio. «La nostra attività era stata programmata su altre basi. Ora non sappiamo come fare. Nel giro di due anni l’università sarà decimata».

 Il rettore Pelizzetti è dello stesso avviso: «Questa legge lascia molte perplessità. Ha il sapore di una rottamazione. Per di più, con il blocco dei concorsi rischiamo di perdere due generazioni di giovani ricercatori». Non è tutto. «Non si può mettere un ricercatore al posto di un ordinario – dice Massobrio – Non è lo stesso.

 Il ricercatore ha bisogno di anni di rodaggio». Il vero guaio, però, è un altro ancora. Là dove la scure dei pensionamenti si farà sentire con più forza il rischio è che venga a mancare il numero minimo di docenti per attivare i corsi di laurea. «Il dramma non è la perdita dei 70enni, ma il blocco del turnover al 50 per cento e lo stop ai concorsi. Questi tre fattori, saldati, potrebbero mettere in crisi qualcuno», racconta Anna Maria Poggi. Pericolo per ora scampato.

Ma in alcune facoltà – Economia e Giurisprudenza su tutte – si vive con il fiato sospeso. L’Università consentirà ai docenti di restare in ateneo con un contratto biennale per la didattica, continuando così l’insegnamento. «In più, se in primavera verranno sbloccati i concorsi potremmo bandire 70 posti da ricercatore», spiega il preside di Economia Sergio Bortolani. «Il problema, piuttosto, è: che cosa succede se uno dei docenti fa ricorso al Tar? In attesa della sentenza può continuare a insegnare o no?». La questione è stata sollevata in Senato, ma per ora è rimasta senza risposta. L’ultimo rebus.

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